L’emergenza sanitaria ed i Modelli Organizzativi ex D.Lgs. 231/2001: quali adeguamenti?

di Ilaria Li Vigni

 

La diffusione dell’epidemia Covid-19 rischia di mettere a dura prova la tenuta dei modelli organizzativi disciplinati ex D.Lgs. 231/2001.

Certamente, in prima battuta, sembra essere stato coinvolto esclusivamente l’ambito della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ma è fondamentale verificare anche la tenuta dei modelli organizzativi di gestione e controllo in ordine, in primis, ai reati societari, informatici e contro la pubblica amministrazione, nonché agli eventuali abusi finalizzati all’indebito ottenimento e utilizzo di finanziamenti con garanzia pubblica o di sovvenzioni pubbliche di altro tipo.

Con l’aumento del lavoro agile, in modalità smart working, infatti, potrebbe aumentare in modo esponenziale il rischio che i vertici dell’impresa possano perdere il controllo rispetto all’agire dei propri dipendenti, i quali, attraverso un pieno e completo utilizzo dei mezzi informatici dell’impresa, potrebbero trovare diverse occasioni per la commissione di illeciti in materia di criminalità informatica. 

L’emergenza sanitaria in corso potrebbe determinare, inoltre, un aumento dei casi di insolvenza delle imprese, con il rischio che i vertici aziendali assumano decisioni poco trasparenti al fine di evitare e/o occultare lo stato di dissesto, tali da figurare addirittura un comportamento illecito. 

Il rischio, infatti, è che l’impresa non si limiti all’inadempimento contrattuale, commettendo vere e proprie ipotesi di reato di false comunicazioni sociali o addirittura illeciti fallimentari.

In ordine a tale ultimo aspetto, preme evidenziare che l’art. 10 del D.L. n. 23/2020, c.d. Decreto liquidità, impedisce di dichiarare il fallimento di un’impresa fino alla data del 30 giugno 2020. 

Dal primo luglio, tuttavia, le società torneranno ad essere “fallibili” secondo la normativa di cui al R.D. n. 267/1942, avendo l’art. 5 del citato Decreto Liquidità rinviato al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa. 

Il timore è, infatti, che le imprese adottino, nel periodo sino al prossimo 30 giugno, comportamenti e decisioni anche penalmente rilevanti volte, come anticipato, a evitare e/o occultare il dissesto. La crisi in corso potrebbe, a mero titolo esemplificativo, indurre l’impresa, pur di accreditarsi favorevolmente nei confronti del ceto bancario per ottenere o vedersi confermati gli affidamenti, a predisporre reportistica economica e patrimoniale non rappresentativa della sua effettiva solvibilità. 

Ed ancora, potrebbero astrattamente configurarsi ipotesi di delitti contro l’industria e il commercio: in particolare, stante la grande difficoltà di reperire idonei dispositivi di protezione individuale che il datore di lavoro deve distribuire ai propri dipendenti e collaboratori, vi è il rischio che l’impresa fornisca beni contraffatti, oppure con origine, provenienza, qualità, marchio o segni distintivi diversi da quanto richiesto dai protocolli ovvero rispetto a quanto dichiarato dal datore di lavoro.

Così facendo, alimentando il commercio non legale di tali dispositivi, spesso controllato dalla criminalità organizzata, notoriamente in grado di gestire l’intero ciclo, dalla produzione/importazione dei dispositivi al loro trasporto e alla loro rivendita all’ingrosso e al dettaglio.

Inoltre, numerose associazioni di categoria e forze sociali hanno individuato, quali maggiori rischi, quello sanitario e, quale ripercussione del blocco di molte attività industriali e commerciali, quello di infiltrazione criminosa. L’indebolimento di talune imprese sotto il profilo patrimoniale potrebbe portare le stesse a ricorrere all’indebitamento con possibili conseguenze sotto il profilo della penale responsabilità per delitti quali l’usura. 

Molti spunti, insomma, qui solo accennati per chiarire come l’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo debba suggerire una particolare attenzione nell’implementazione ed attualizzazione dei Modelli Organizzativi aziendali.

E’ fondamentale che Organismo di Vigilanza si interfacci con l’organismo di gestione della società per valutare la tenuta del Modello 231 ed eventualmente sollecitarne il tempestivo adeguamento. 

Se da un lato, infatti, è incontrovertibile che la dotazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo esplica una mera azione preventiva, dall’altro è certo che l’OdV, chiamato a supportare l’imprenditore e a verificare il corretto funzionamento del modello, svolge un ruolo chiave, a tutela dell’impresa, del suo equilibrio economico-finanziario, dei dipendenti e dei terzi.