Gara: una gemma del deserto

L’oasi di Gara è una vera gemma del deserto occidentale dell’Egitto, che però è stata dimenticata, insieme a molti siti e regioni archeologiche importanti, a causa della scarsità di informazioni disponibili e alla difficoltà fisica di poterla raggiungere. L’Oasi di Gara è stata dimenticata anche dall’amministrazione egiziana, nonostante la sua posizione geografica di notevole interesse.

Un recente studio di Mohamed Kenawi (ricercatore associato all’Università di Leicester e prima professore di Egittologia all’Università di Catania) e Francesca Simi (ricercatrice all’università di Udine) ha segnalato la sua importanza anche in ambito turistico e commerciale, e non solo archeologico, suscitando finalmente l’attenzione dell’amministrazione e delle autorità egiziane.

Gara è una piccola oasi situata a circa 110 km a nord East dell’Oasi di Siwa, al cui distretto appartiene. L’area è conosciuta come il “Deserto occidentale” e fa parte dell’estremità orientale del Sahara, nota anche come Deserto Libico. Questa zona è caratterizzata da altopiani rocciosi, strati di sabbia e dune, alcuni rilievi e depressioni.

L’Oasi di Gara è un’area isolata inserita in una depressione naturale circondata da un altopiano calcareo; l’area misura circa 16 per 8 km. Il lago di Gara, ad est dell’insediamento, è incastonato in un paesaggio desertico aspro e suggestivo, con le sue acque azzurre ricche di fauna e flora selvatica, dove l’altopiano calcareo forma una ripida scogliera direttamente sulla riva. Gara fu l’unica oasi che continuò ad essere abitata per tutto il periodo medievale dopo il generale abbandono di altre oasi intorno a Siwa. Gli abitanti sono oggi circa 640 e l’insediamento si trova ai piedi del villaggio antico.

Da recenti studi è stato scoperto che tutte le oasi del Deserto Occidentale sono state abitate, o almeno frequentate, fin dal Paleolitico, compreso tra il 9000 a.C. e il 7000 a.C. Intorno al 5000 a.C., un processo di desertificazione cambiò l’intero paesaggio sahariano, costringendo le popolazioni di cacciatori-raccoglitori e pastori nomadi che vivevano nel Deserto Occidentale a migrare verso la Valle del Nilo. Durante il periodo dell’Antico Regno (2575-2150 a.C.) ripresero i contatti tra il Deserto Occidentale e la Valle del Nilo dei sovrani faraonici, per motivi politici e militari. Tuttavia, a causa della mancanza di risorse naturali e del limitato potenziale economico della zona, dovuto alle difficoltà dell’ambiente desertico, questa regione – e in particolare le oasi occidentali e nord-occidentali – non ha mai suscitato l’interesse forte dei poteri politici.

Gli antichi abitanti di questa regione erano e sono ancora talvolta chiamati “Libici” o “TjehenulTjemehu”, espressione che identifica gli indigeni egiziani di tribù, regioni e periodi storicidiversi. Queste comunità erano in gran parte sedentarie, vivevano stabilmente nelle oasi, ma sfruttavano anche l’area al margine del deserto per l’allevamento del bestiame e la pastorizia.

Recenti studi hanno anche attestato evidenze di epoca romana: una statua funeraria romana femminile integra e a grandezza naturale è conservata al Museo greco-romano di Alessandria.

Altri dati sembrano confermare la presenza di un insediamento romano a Gara, forse in prossimità di un cosiddetto “pozzo romano”, in un’area che i locali chiamano “l’occhio della sorgente”.

L’oasi di Gara rappresenta dunque un tassello importante per la comprensione del deserto occidentale dell’Egitto. Le poche informazioni fin’ora disponibili incoraggiano a proseguire le ricerche in un territorio che presenta numerose testimonianze storiche che attendono di essere interpretate. Di primaria importanza è la notizia che Alessandro Magno abbia attraversato proprio l’oasi di Gara per raggiungere il celebre santuario di Amon, la divinità egizia di cui si definì figlio, situato nell’Oasi di Siwa.

Per un approfondimento sulla storia di questa affascinante e quasi dimenticata oasi, consiglio la lettura del libro. https://www.amazon.it/Gara-Forgotten-Egypts-Western-Desert/dp/1739660102

di Veronica Falcone

(foto protette da copyright)