Club del Mercoledì:
“Una Nobel allo Specchio”
Lettura di due racconti tratti dal libro
“IL PERCORSO DELL’AMORE” di Alice Munro; premio Nobel per la letteratura 2013.
La scrittrice canadese, con lucidità e rara introspezione, descrive i sentimenti familiari, spesso
contraddetti dai fatti e dalle ostilità sopite e ci fa riflettere sulle nostre conflittualità quotidiane.
Nel racconto “Mentana Miles City” narra la sosta, durante un lungo viaggio attraverso il Canada, di
una famigliola felice le cui bimbe volevano rinfrescarsi in piscina.
Qui avviene un incidente che si conclude poi felicemente.
Sentiamo la sorpresa mista d’angoscia nelle parole della madre a quel ricordo:..“quando ripenso
alla scena mi sembra di rivedere Cynthia voltarsi con grazia verso di me, poi piroettare nell’acqua
come una ballerina sulle punte e infine aprire le braccia in un gesto da palcoscenico: sparita….”
Cos’è questo autocompiacimento della bimba che soddisfatta annuncia alla mamma angosciata la
sparizione della sorellina? E’ la fantasia di ogni figlio di essere l’unico, il prediletto tra i fratelli
nell’amore dei genitori. Se la nascita del primo figlio fonda la famiglia e crea le condizioni per il
triangolo Edipico e il passaggio generazionale, la nascita del secondo interrompe il rapporto unico,
privilegiato e costituisce il gruppo familiare.
Solitamente il fratello, o la sorella sono quei “parenti”, soprattutto quelli vicini d’età con i quali si
condividono le diverse fasi della vita: il passato, il presente e aiutano a progettare il futuro.
Questo accade attraverso un alternarsi di fasi di condivisione profonda di momenti di gioco e di
gioia con altre di conflitto e quindi di differenziazione e individuazione.
La rivalità fraterna s’incrocia con quella edipica in un alternarsi continuo di infinite possibilità fra
lotta e cooperazione.
Queste gelosie, per quanto noi le riteniamo normali, del tutto in accordo con le relazioni e le
circostanze attuali, Freud le considera radicate nel profondo dell’inconscio:
“…e sbocciano dal complesso di Edipo, o dal complesso dei fratelli del primo periodo
sessuale..”
La relazione fraterna serve a elaborare la fase narcisistica ed edipica i cui aspetti si presentano poi
per tutta la vita, tra cui il desiderio di essere l’unico figlio degno dell’amore e del riconoscimento
senza condizioni, che si erige come sovrano arrogante sui genitori e fratelli.
I complessi fraterni non risolti sono sopravvalutati e tendono a essere mantenuti e promossi dagli
stessi genitori, con la finalità di continuare ad esercitare il dominio su ogni figlio generando
connivenze, consce e inconsce, sostenute dalla credenza che l’alleanza fraterna rappresenti una
minaccia contro il potere di uno, o entrambi i genitori. Papà e mamma affrontano separatamente i
figli per poter avere dominio su ognuno di loro. I ruoli assegnati regolano e mediano il narcisismo
familiare.
La Munro, con acuta capacità introspettiva, nel racconto, fa dire alla madre della piccola:
“….Ora mi rendo conto che ci eravamo inventati dei ruoli per le nostre figlie. Le allenavamo con
metodo a recitare le rispettive parti. Cynthia era sveglia e diligente, cortese, attenta …… era troppo
coscienziosa, troppo tesa a mostrarsi come tutti noi in effetti avevamo bisogno che fosse. Meg era
di stoffa più robusta, più reticente, non proprio ribelle, ma qualche volta ostinata segreta. I ruoli
loro assegnati ci appagavano completamente, ne godevamo contraddizioni e conferme allo stesso
modo. L’approccio greve e scontato al ruolo di genitori ci andava stretto…”
In nome della consanguineità si attua la fantasia dei vasi comunicanti dove i genitori sono una fonte
inesauribile di affettività che distribuiscono in modo unitario, nello stesso modo e nello stesso
tempo, perché tutto si mantenga in perfetto equilibrio. Questo sistema premia il livellamento e
condanna la differenza. Il livellamento non è la solidarietà, ma è la negazione dell’alterità che
impedisce il confronto generazionale e tra i fratelli. Se nella relazione si estromette la conflittualità
e il dissenso, si chiudono possibili aperture alla vita.
Se nel racconto della Munro ritorniamo a Cynthia che avrebbe lasciato tranquillamente annegare
la sorellina, scrollandosi di dosso quel ruolo di bimba troppo diligente e coscienziosa per incuriosirsi
e saperne di più sui baci e le effusioni che la bagnina scambiava con il proprio ragazzo, potremmo
dire che a volte, per il ruolo imposto dai genitori, i fratelli sono vissuti come un intralcio per la
propria emancipazione. Cosa può importare a Cynthia della sorellina che annega di fronte a quelle effusioni? Ricordo che
Freud assimila il desiderio di sapere alla sublimazione dell’interesse e curiosità sessuali del bimbo
verso l’intimità dei genitori.
Il tono di voce e la grazia con cui ha pronunciato il termine “Spa-ri-ta” arrivò alle orecchie della
madre come: ….una sublime dimostrazione di mostruosa imperturbabilità…
Per ogni confronto si richiede come condizione primaria la differenza di generazioni tra genitori e
figli e tra ciascuno dei figli.
E’ problema superare la conflittualità tra i fratelli quando c’è la presenza di un fratello disturbato
(ricordiamo l’episodio del protagonista del film tratto dal libro “La Solitudine dei Numeri Primi”)
oppure si prende il posto di figlio di rimpiazzo di un fratello morto portando magari lo stesso nome.
Bellissima e profonda la analisi della Munro nel racconto “Una vena di follia” .
Anche qui la protagonista Violet, la prima figlia, dopo tre fratellini morti, e maggiore di due
sorelline a cui fa da mamma, cerca di “Sparire” (questo il termine usato dalla propria mamma per
significare morire) giocando nell’erba alta per far così sentire la propria presenza a “zia Ive”, così
Violet, chiamava sua madre.
Si nota, in questo racconto, tutta la distanza della bimba nella relazione materna.
La stessa distanza che aveva dato sua madre alle figlie imponendo a tutte nomi di fiori per
indicare la caducità delle loro vite come fossero esse stesse predestinate in breve tempo a
“Sparire” come i fratellini.
Violet con queste premesse e la presa in carico dei genitori, assenti nel loro ruolo, è costretta,
dopo alcuni episodi incresciosi in famiglia, a rinunciare alle proprie aspirazioni di studio e a
interrompere la relazione con il fidanzato confondendo la propria vita con quella dei famigliari.
Rassegnata rimane in quella campagna e in quell’ambiente che ha sempre detestato. Tanto si
chiede in nome della voce del sangue: un bianco silente martirio.
PAOLA BONETTI
PSICOLOGA-PSICANALISTA
e-mail: paolabntt@yahoo.com