Riforma penale, i nuovi reati in vigore

 

di Ilaria Li Vigni

 

É entrato in vigore, il 6 aprile scorso, il decreto sulla riserva di codice in materia penale, attuativo della riforma Orlando, pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto n. 21/2018, oltre ad attuare il principio della riserva di codice previsto da una delle deleghe della Legge n. 103/2017, inserisce, all’interno del codice penale, nuove fattispecie di reato e, conseguentemente, abroga le previsioni di alcune leggi speciali.

In sintesi, vediamo le principali novità della norma.

Il nuovo art.3 bis c.p. introduce il principio della riserva di codice in materia penale, stabilendo che “nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”.

La disposizione ha come scopo l’inserimento, nel codice penale, di tutte le fattispecie criminose al fine di creare una disciplina quanto più organica e completa dei precetti e delle sanzioni e rendere chiari gli effetti rieducativi della pena.

Tale primo obiettivo della legge, al di là di alcune specificazioni tecniche, è di certo positivo, potendo concretamente diminuire la frammentazione della normativa penale che, soprattutto in materie ad alta complessità tecnica, è quasi totalmente demandata alle leggi speciali.

Ciò detto, nel rispetto di tale riserva, il decreto introduce nuove fattispecie di reato, previste prima da disposizioni di legge ad hoc ed aventi ad oggetto la tutela di beni di rilevanza costituzionale, quali la tutela della persona (delitti contro la maternità, l’uguaglianza, ecc.), la tutela dell’ambiente, del sistema finanziario, nonché fattispecie in materia di associazioni di tipo mafioso e con finalità di terrorismo (e altri gravi reati) e in materia di confisca in casi particolari.

Nel contesto delle modifiche al codice penale in materia di tutela della persona, si è intervenuti in materia di sequestro di persona a scopo di coazione (art. 289 ter c.p.) che realizza una significativa limitazione personale e compressione della libertà di auto-determinazione del singolo individuo certamente grave.

Con funzione di salvaguardia dei soggetti più deboli, si pone, poi, l’intervento sull’articolo 570bis c.p. di nuova introduzione che assorbe le previsioni di cui all’articolo 12 sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio).

Si è, poi, reputato di attrarre nel codice penale la materia del “doping”, di grandissima attualità nell’ultimo decennio in quasi tutte le discipline sportive.

La collocazione all’interno del codice penale, tra i delitti contro la persona e specificamente a seguire dell’articolo 586 c.p., ha il chiaro significato di una presa di posizione a favore della salvaguardia della integrità fisica del singolo, spesso danneggiata da sostanze dopanti vietate.

Si è inteso, ancora, trasferire nel codice penale gli articoli 17 e 18 della legge n. 194/1978, che puniscono l’interruzione di gravidanza non consensuale, nelle forme colposa (il primo) e dolosa nonché preterintenzionale (il secondo).

Per tutte tali fattispecie si è pensato a una collocazione “in blocco” dopo i delitti contro la vita e l’incolumità personale.

Si tratta, anche in questo caso, di un fenomeno sociale in preoccupante ascesa che deve essere adeguatamente sanzionato per non lasciare vuoti di tutela dannosi per il singolo e per l’ordinamento.

Meritevole di attrazione nel codice penale è risultata anche essere la disciplina contenuta nell’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, in tema di “discriminazione razziale etnica nazionale e religiosa”: articolo recentemente novellato tramite la legge n. 115 del 16 giugno 2016. È stata, quindi, ritagliata all’interno del Libro II, Titolo XII, Capo III, una Sezione I-bis, da dedicare proprio ai “Delitti contro l’eguaglianza”.

In materia di ordine pubblico si è, poi, inteso trasferire nel codice penale le circostanze aggravanti dei delitti commessi avvalendosi delle modalità mafiose (art. 416 bis.1) ovvero di delitti con finalità di terrorismo (art. 270 bis.1).

Hanno contestualmente trovato analoga collocazione codicistica le corrispettive circostanze attenuanti per coloro che collaborano con la giustizia.

La frequente attuazione delle norme in parola, i consolidati indirizzi giurisprudenziali circa le condizioni per il loro riconoscimento, la circostanza che si tratti di norme che disciplinano il giudizio di bilanciamento regolato dall’articolo 69 c.p., ne hanno favorito l’attrazione

nell’ambito loro più proprio all’interno dei Capi dedicati rispettivamente al crimine terroristico e mafioso.

Infine, sono state inserite nel codice penale – per ragioni di coerenza sistematica con l’esigenza di dettare una disciplina organica in ambito codicistico delle misure di sicurezza patrimoniali – disposizioni relative alla confisca allargata che presuppone la condanna, o una pronuncia ad essa equiparata, per uno dei delitti puniti dal codice penale elencati dalla medesima norma di nuova introduzione.

Insomma, si è certamente cercato di mettere un po’ di ordine nella normativa penale, inserendo nel codice norme che erano contenute in complesse leggi speciali, spesso di difficilissima lettura per un non addetto ai lavori.

Positiva questa intenzione del legislatore, dunque; residuano, tuttavia, molte materie (pensiamo alle norme di diritto penale ambientale, a quelle in materia societaria e fallimentare, fra tutti) che sono ancora affidate alla sedimentazione delle leggi speciali e forse occorreranno altri interventi sistematici per ripristinare concretamente il “principio di riserva di codice”.