di Ilaria Li Vigni
La legge di bilancio 2019 ha prorogato e ampliato, anche per l’anno in corso, il “congedo papà obbligatorio” per i padri lavoratori dipendenti e, al contempo ha apportato modifiche alla normativa sul congedo di maternità obbligatorio.
Il congedo per i padri passa da quattro a cinque giorni obbligatori e uno facoltativo, mentre il congedo di maternità per le lavoratrici prevede restare al lavoro fino al nono mese e, in tali casi, è necessario essere preventivamente autorizzati dal medico curante.
Queste, in sintesi, le principali novità introdotte con il pacchetto famiglia contenuto nella Manovra 2019 per promuovere una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia.
Prima importante novità, per il sostegno alla genitorialità, è l’estensione di un giorno di congedo obbligatorio da quattro a cinque per i padri lavoratori con contratto di lavoro subordinato entro i cinque mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso in famiglia o in Italia del minore.
A tal proposito, ricordiamo che il padre può fruire del congedo obbligatorio anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice.
Viene prorogato anche il congedo facoltativo, con la possibilità di astenersi dal lavoro un ulteriore giorno in sostituzione della madre, che, quindi, dovrà rinunciare a un giorno del proprio congedo.
Durante il congedo l’Inps riconosce al padre lavoratore un bonus indennità pari al 100% della normale retribuzione giornaliera percepita e
in tali casi, tuttavia, non è prevista la maturazione delle ferie.
Grazie a un emendamento inserito, in extremis, nella manovra 2019 è ora possibile per le lavoratrici in stato di gravidanza scegliere di rimanere a lavorare fino al nono mese.
In tal caso, chiaramente, la facoltà di prestare l’attività lavorativa è subordinata al parere del medico specialista del servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e del medico competente, con finalità di prevenire e tutelare la salute del nascituro.
Il nuovo sistema si pone in alternativa all’attuale disciplina (TU maternità e paternità D. lgs 151/2001) che prevede l’obbligo per le lavoratrici di astenersi dal lavoro uno o due mesi prima della nascita del bambino.
La vigente normativa, infatti, permette, ad esempio, di astenersi dal lavoro un mese prima del parto e godere del congedo obbligatorio per i quattro mesi successivi o fruire di due mesi prima e tre dopo.
Quindi, se la futura madre decide di lavorare fino al nono mese, si porterebbe in dote tutto il periodo di maternità obbligatoria post partum.
Altra novità è l’aumento dell’importo del bonus nido da 1.000 euro a 1.500 euro. In particolare, il bonus per l’iscrizione in asili nido pubblici o privati e per l’introduzione di forme di supporto, presso la propria abitazione, in favore dei bambini al di sotto dei tre anni, affetti da gravi patologie croniche.
La misura, che scadeva il 31 dicembre 2018, è stata dunque prorogata fino a tutto il 2021.
A tal fine, sarà emanato un decreto del Presidente del Consiglio da adottare entro il 30 settembre 2021, tenuto conto degli esiti del monitoraggio previsto per la misura.
Dal 1 gennaio 2019, quindi, il bonus avrà un importo mensile di 136,36 euro, liquidato su 11 mensilità, somma, non comprendente l’intero costo della struttura scolastica, ma di concreto aiuto per le famiglie, specie monoreddito con più figli.
In attesa di verificare il concreto esito di queste nuove misure, si ritiene che tali modifiche normative siano un passo avanti a tutela della genitorialità sul posto di lavoro.
In primis, l’estensione della durata del congedo relativo ai padri favorisce sempre di più la bigenitorialità nella cura dei bambini, elemento di civiltà sociale al passo con le più moderne legislazioni europee in materia.
Inoltre, in relazione al congedo di maternità, rileva che lo stato di salute delle donne in gravidanza è, sempre più spesso, compatibile, fin quasi al parto, con professioni non a rischio fisico ed è, quindi, indubbiamente positivo per la lavoratrice rimanere sul posto di lavoro, più tempo possibile prima del parto, per poi poter disporre di cinque mesi di tempo per accudire il neonato.
Va da sé che tale modifica normativa lascia una seria responsabilità di autovalutazione sul proprio stato di salute alla donna e, quindi, deve essere applicata sotto stretto controllo medico e in un ambiente di lavoro che permetta massima libertà alla lavoratrice circa tale scelta.