La riforma sulla legittima difesa, riflessioni e qualche dubbio

di Ilaria Li Vigni

 

Prima di analizzare la nuova riforma sulla legittima difesa, è bene comprendere a fondo l’istituto secondo la normativa penale italiana.

Innanzitutto, occorre ricordare che la legittima difesa rientra, insieme ad alcune altre fattispecie (stato di necessità, consenso dell’avente diritto, esercizio di un diritto o adempimento di un dovere), tra le cosiddette cause di giustificazione, cioè tra quegli eventi che legittimano un comportamento che, altrimenti, costituirebbe reato.

In altre parole, un fatto che normalmente sarebbe delittuoso (ad esempio, una lesione personale) viene giustificato (e, quindi, non punito), in presenza di una circostanza “scusante” (la lesione è stata inferta per difendersi da un’aggressione).

Esiste un’unica norma, l’art. 52 codice penale, che si occupa, esplicitamente, della legittima difesa. Tale disposizione prevede che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

L’istituto necessita, quindi, dei seguenti presupposti:

  1. l’assoluta necessità di commettere il fatto per difendersi,
  2. la tutela di un diritto (non necessariamente legato all’incolumità personale) proprio o altrui;
  3. il pericolo attuale (quindi, non passato o futuro) dell’offesa ingiusta;
  4. la proporzionalità tra difesa e offesa, da intendersi riferita ai beni giuridici in gioco e non ai mezzi utilizzati (ad esempio, la difesa non è mai legittima se si mette a repentaglio la vita di chi intendeva solamente aggredire il patrimonio).

Nel 2006 fu introdotto un ulteriore comma, prevedendo che, nei casi di violazione di domicilio, la proporzionalità si presume quando, chi si trova legittimamente in quel luogo, utilizzi un’arma (legalmente detenuta) per difendere la propria o l’altrui incolumità, ovvero per difendere i propri o gli altrui beni, se vi è pericolo di aggressione.

In altre parole, si è stabilita per legge una presunzione di proporzionalità, nel caso di violazione del domicilio, da parte dell’aggressore a cui si contrappone, per salvaguardare la propria incolumità o i propri beni, l’uso di un’arma legittimamente detenuta.

La riforma sull’istituto approvata dal Parlamento a marzo 2019 ed entrata in vigore pochi giorni fa prevede essenzialmente due novità. In caso di legittima difesa domiciliare, c’è sempre proporzione tra difesa ed offesa ; inoltre, viene esclusa, espressamente, la punibilità in caso di eccesso colposo per chi ha agito per tutelare la propria o altrui incolumità in condizioni di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto.

La difesa domiciliare (cioè, quella posta in essere in casa quando c’è violazione di domicilio) sarà sempre legittima, se posta in essere per respingere un’intrusione violenta, o con minaccia o uso di armi o altri mezzi di coazione fisica.

Questo non significa, però, che si possa reagire alla prima intrusione illegittima. Infatti, la presunzione di proporzionalità tra difesa e offesa non si sottrae alla sussistenza degli altri requisiti, e cioè la difesa della propria o altrui incolumità oppure la difesa dei beni propri o altrui, in caso di mancata desistenza dell’azione criminale (per esempio la fuga) e contemporanea permanenza del pericolo di aggressione.

Tale riforma, quindi, dovrebbe portare ad un numero maggiore di assoluzioni o di archiviazioni per chi ha reagito con le armi nei confronti di chi si è introdotto illecitamente nella propria abitazione.

Se la nuova legittima difesa può rassicurare sul piano psicologico, è anche vero che non possono essere sottaciute almeno due considerazioni.

Innanzitutto, è da dubitare che le violazioni di domicilio diminuiscano in ragione della nuova legge, in quanto chi vuole introdursi, furtivamente, nell’appartamento di altri continuerà a farlo, anche con notevoli aggravi di pena per questo reato.

Inoltre, introducendo un elemento puramente psicologico quale scriminante determinante (lo stato di turbamento) nell’eccesso colposo, viene data ampia discrezionalità alla magistratura, la quale dovrà decidere (ma come?), se chi si è difeso con la propria arma, legittimamente detenuta, si trovava in uno stato di agitazione tale da giustificare la sua condotta.

Sotto questo punto di vista, quindi, la norma pare fortemente deficitaria per quanto riguarda il principio di tassatività, corollario fondamentale del principio di riserva di legge in materia penale previsto dall’art. 25 Costituzione.

Insomma, la nuova normativa pone problematiche sia di prevenzione generale e speciale sia, soprattutto, di costituzionalità e solo con l’applicazione in concreto, con le prime pronunce di merito e con un eventuale intervento della Corte se ne potrà concretamente valutare l’impatto giuridico e pratico.